le sezioni unite si pronunciano IN TEMA DI OPPOSIZONE A DECRETO INGIUNTIVO sulla possibilità PER L'OPPOSTO [CONVENUTO NEL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE] di modificare la domanda in assenza di domanda riconvenzionale dell’opponente

Le Sezioni Unite Civili della Cassazione con sentenza 15 ottobre 2024, n. 26727 hanno affermato i seguenti principi:
I) nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la proposizione da parte dell’opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in via monitoria è ammissibile se tali domande trovano il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione della originaria domanda nel ricorso diretto all’ingiunzione;
II) chi ha avviato il giudizio per via monitoria ha facoltà di introdurre nella comparsa di risposta le domande alternative che eventualmente intenda presentare, non potendo invece riservarle fino all’“ultimo giro” offerto dall’art. 183, comma 5, c.p.c. Fino a quest’ultimo, comunque, a seconda dell’evoluzione difensiva dell’opponente posteriore alla comparsa di risposta, gli sarà consentito proporre domande come manifestazioni di difesa, anche se non stricto sensu riconvenzionali.

Le Sezioni Unite, in definitiva, sono intervenute per comporre un contrasto giurisprudenziale circa l'ammissibilità della proposizione da parte dell'opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in via monitoria.

NEL CASO IN CUI IL giudice DISPONga il pagamento DEGLI <<INTERESSI LEGALI>> senza alcuna specificazione, INTERVENGONO LE SEZIONI UNITE  PER Dirimere il contrasto giurisprudenziale nella determinazione delLA MISURA in fase esecutiva.

Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza n. 12449 del 7 maggio 2024, l’esigenza di acquisizione dei presupposti applicativi della misura degli interessi previsti dal comma 4 dell’art. 1284  c.c. [cit. "Se le parti non hanno determinato la misura (degli interessi superiori alla misura legale) dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali"] comporta che il titolo esecutivo giudiziale contenga l’accertamento di spettanza degli interessi legali nella misura indicata. Dal punto di vista del giudice dell’esecuzione, la mera previsione, nel dispositivo e/o nella motivazione del titolo esecutivo, degli “interessi legali” è inidonea ad integrare il detto accertamento. Di conseguenza, se il titolo esecutivo è silente, il creditore non può conseguire in sede di esecuzione forzata il pagamento degli interessi maggiorati, stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo, ma deve affidarsi al rimedio impugnatorio. Il titolo esecutivo giudiziale, nel dispositivo e/o nella motivazione, alla luce del principio di necessaria integrazione di dispositivo e motivazione ai fini dell’interpretazione della portata del titolo, deve così contenere la previsione della spettanza degli interessi maggiorati.

La dichiarazione con la quale taluno si impegna a pagare un debito futuro (ma non determinato nel quantum) non dispensa il creditore dall’onere di provare l’ammontare preciso della somma pretesa.

In tema di “astrazione processuale” della causa debendi, la Corte di Cassazione civile, sez. III, con l'Ordinanza n. 3477 del 7 febbraio 2024, ha ribadito il principio secondo cui la dichiarazione con la quale taluno si impegna a pagare un debito futuro, indeterminato nel quantum, se può dispensare dall’onere di provare il rapporto fondamentale, non dispensa affatto dall’onere di provare l’ammontare della somma in concreto pretesa come determinata in tempo successivo, con la conseguenza che il relativo onere resta a carico del creditore, che fa valere in giudizio la dichiarazione di impegno.

l'inesatto adempimento dell'obbligazione contrattuale è di per sè un illecito, ma non obbliga l'inadempiente al risarcimento se, in concreto, non è derivato un danno al patrimonio del creditore

In tema di locazioni la Corte di Cassazione civile, sez. III, con l’ordinanza del 29 novembre 2023, n. 33288 afferma che l'inadempimento o l'inesatto adempimento dell'obbligazione contrattuale è di per sè un illecito, ma non obbliga l'inadempiente al risarcimento se, in concreto, non è derivato un danno al patrimonio del creditore, neppure nell'ipotesi disciplinata dall'art. 1590 c.c.. Ne consegue che, se dal deterioramento della cosa locata -superiore a quello corrispondente all'uso della stessa in conformità del contratto- per particolari circostanze non è conseguito un danno patrimoniale al locatore, il conduttore non è tenuto al risarcimento.

diritto di critica e risarcimento del danno

La Corte di Cassazione civile, sez. I, con l’ordinanza del 10 ottobre 2023, n. 28331, espone il principio secondo cui l'esercizio del diritto di critica può ritenersi lecito quando sia guidato dalla ragionevole convinzione soggettiva che i fatti corrispondano a verità, mentre non è configurabile se supera il limite della continenza non essendo suffragato da fatti obiettivamente riscontrabili e controbilanciato dal requisito della verità putativa; sicché, a questo fine, il giudizio di liceità sull'esplicazione del diritto di critica richiesto al giudice civile ai fini della decisione sulla domanda di risarcimento deve estendersi in concreto alla verifica del carattere non veritiero o meno, anche solo in termini di verità putativa, dei fatti attribuiti.


Iva: principio di cartolarità

La Corte di Cassazione civile, sez. V, con la sentenza del 12 settembre 2023, n. 26374, ha affermato che in tema d'IVA, in attuazione del principio di cartolarità posto a base del sistema impositivo va escluso il diritto alla detrazione, ai sensi dell'art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione ad operazioni oggettivamente inesistenti non assumendo rilievo che il cessionario abbia versato al cedente l'ammontare del tributo sulla base della regolarità formale dell'operazione dal punto di vista contabile e fiscale, atteso che l'imposta è dovuta ogniqualvolta la fattura sia emessa, seppure per un'operazione non avvenuta o non avvenuta nei termini in essa descritti.


Responsabilità contrattuale della struttura sanitaria

La Corte di Cassazione civile, sez. III, con l’ordinanza del 22 settembre 2023, n. 27151, si uniforma al costante orientamento di giurisprudenza secondo cui, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, è onere del danneggiato provare il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre è onere della parte debitrice provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l'esatta esecuzione della prestazione; l'onere per la struttura sanitaria di provare l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile sorge solo ove il danneggiato abbia provato il nesso di causalità fra la patologia e la condotta dei sanitari.

Sanzione irrogata a seguito di rilevazione della velocità operata con apparecchio autovelox: la mancata menzione degli estremi del certificato di taratura nel verbale non pregiudica i diritti di difesa del sanzionato.

La Corte di Cassazione civile, sez. II, con l’ordinanza del 14 settembre 2023, n. 26511, afferma che ai fini della legittimità della sanzione irrogata per la violazione di cui all'art. 142, comma 8, C.d.S., a seguito della rilevazione della velocità operata con apparecchio autovelox, non è necessario che il verbale contenga l'indicazione del certificato di regolare taratura dell'apparecchiatura con la quale è stata misurata la velocità, poichè la mancata menzione degli estremi di tale certificato non pregiudica i diritti di difesa del sanzionato, che può limitarsi a contestare l'effettuazione delle verifiche di regolare funzionamento dell'impianto, spostando sull'amministrazione l'onere di depositare la certificazione di taratura.

PROVA TESTIMONIALE: LIMITI DI VALORE EX ART. 2721 COD. CIV.

Con l'Ordinanza n. 21268 del 19 luglio 2023, la II^ sezione civile della Corte di Cassazione dispone che in tema di prova testimoniale i limiti di valore sanciti dall'art. 2721 cod. civ. (a prescindere dalla deroga a tali limiti valoriali che può essere concessa dall'autorità giudiziaria, in conformità alla previsione del II° comma) non attengono all'ordine pubblico, ma sono dettati nell'esclusivo interesse delle parti private. Di conseguenza, qualora, in primo grado, la prova venga ammessa oltre i limiti predetti, essa deve ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l'inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva, senza che la relativa nullità, ormai sanata, possa essere eccepita per la prima volta nel giudizio di legittimità.



La domanda di risarcimento dei danni non PUO' ESSERE autonomamente CONCEPITA rispetto alla domanda di risoluzione o di riduzione del canone

Con l’ordinanza del 28 giugno 2023, n. 18470, la Corte di Cassazione civile, sez. III, ha escluso che la domanda di risarcimento dei danni sia autonomamente cocepibile  rispetto alla domanda di risoluzione o di riduzione del canone. La domanda di risarcimento, infatti, si può solo aggiungere a quella di risoluzione o di diminuzione del canone, a fronte di un vizio esistente al momento della consegna o anche sopravvenuto (Cfr. giurisprudenza più recente) il quale, a seconda della gravità, può determinare solo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, in aggiunta al risarcimento del danno, se il locatore non provi di avere senza colpa ignorato il vizio al momento della consegna.

 

Appalto: opere richieste dal committente che costituiscono varianti in corso d’opera

La Corte di Cassazione civile, sez. II, con l’ordinanza dell’8 giugno 2023, n. 16222, dispone che in tema di appalto, le nuove opere richieste dal committente costituiscono varianti in corso d’opera ove, pur non comprese nel progetto originario, siano necessarie per l’esecuzione migliore ovvero a regola d’arte dell’appalto o, comunque, rientrino nel piano dell’opera stessa e, invece, sono lavori extracontrattuali se siano in possesso di una individualità distinta da quella dell’opera originaria, pur se ad essa connessi, ovvero ne integrino una variazione quantitativa o qualitativa oltre i limiti di legge, sicché, nel primo caso, l’appaltatore è, in linea di principio, obbligato ad eseguirle, mentre, nel secondo, le opere debbono costituire oggetto di un nuovo appalto.

Concordato preventivo: verifica (ECONOMICA) diretta (E NON SOLO GIURIDICA) del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura

La Corte di Cassazione civile, sez. I, con l’ordinanza del 16 giugno 2023, n. 17273, in tema di concordato preventivo, sancisce il principio secondo cui il Tribunale è tenuto ad una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura, nel senso che, mentre il controllo di fattibilità giuridica non incontra particolari limiti, quello concernente la fattibilità economica, intesa come realizzabilità di esso nei fatti, può essere svolto nei limiti della verifica della sussistenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi (con ciò ponendosi il giudice nella prospettiva funzionale, propria della causa concreta).

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